Orario: 8.00-20.00 Lunedì - Sabato
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In questi giorni, le polemiche su Pokemon Go (di cui ho scritto la scorsa settimana qui) impazzano: sul web (e mi riferisco soprattutto a Facebook, dove tutti ci sentiamo liberi di dire la nostra senza filtri, forse perché protetti dallo schermo che ci separa fisicamente e visivamente dall’interlocutore) c’è chi dà ai giocatori di 30-40 anni o più degli ignoranti, dei dementi e chi, ancora, incoraggia gli stessi a darsi ad altre attività piuttosto discutibili pur di smetterla di giocare.

Dopo aver pensato che questo periodo storico (vuoi per l’insicurezza economico-sociale, vuoi per il terrore in cui costantemente viviamo, vuoi per motivi più prettamente personali) ci sta rendendo particolarmente insicuri, infelici, paurosi, ansiosi e, quindi, rabbiosi, tanto da attaccare perfetti sconosciuti su Facebook per dare sfogo al proprio malcontento, mi interrogo e invito voi lettori a riflettere, sull’utilità del gioco, in generale.

Giocare è importante. Nell’età evolutiva, certo, dove il gioco ci permette di conoscere il mondo, di conoscere noi stessi, di esplorare le nostre potenzialità ed i nostri limiti, di socializzare con altri bambini, di sviluppare la creatività, di “scaricare” emozioni come la paura e la rabbia.

Ma anche da adulti. Lo so, questo fatto è più difficile da accettare. Da adulti abbiamo responsabilità: dobbiamo lavorare, badare alla famiglia, fare la spesa, pagare le bollette. Per giocare da adulti bisogna quasi giustificarsi, tanto è visto nella nostra società come qualcosa di improduttivo, inutile, “una cosa da bambini”.

Sbagliato.

Giocare fa bene anche da adulti.

Ci aiuta a scaricare lo stress, soprattutto il gioco di tipo motorio, che “scarica” le tensioni accumulate durante la giornata lavorativa.

Ci rende più sereni. Giocare, sgomberando la mente da pensieri che ci preoccupano, ci permette di sorridere e ritrovare un attimo di spensieratezza.

Ci fa riscoprire il nostro lato bambino.

Ci aiuta a relazionarci meglio con i nostri figli. I bambini necessitano di contatto (fisico e mentale) con i propri genitori. Giocare e divertirci con loro aiuta al raggiungimento di questo scopo.

Ci mantiene “in forma” la mente, tenendo allenate la flessibilità mentale, le capacità attentive e mnemoniche.

Quindi giocate. Divertitevi. Staccate la spina. Che sia una partita a briscola, un giro sui go-kart, un videogioco, una partita di calcetto fra amici o, perché no, Pokemon Go. Non c’è un’età “giusta” per giocare, trascorsa la quale bisogna solo pensare ad essere responsabili e produttivi.

Concludo con un passo tratto da “Il fanciullino” di Giovanni Pascoli:

È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora.