Orario: 8.00-20.00 Lunedì - Sabato
Appuntamenti 348 864 6506

 

“Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi
ritrovarsi a volare
e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare
un sottile dispiacere
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire
dove il sole va a dormire
Domandarsi perche’ quando cade la tristezza
in fondo al cuore
come la neve non fa rumore
e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte
per vedere
se poi e’ tanto difficile morire
E stringere le mani per fermare
qualcosa che
e’ dentro me
ma nella mente tua non c’e’
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi
emozioni […]”
recitava Battisti.
Eppure, sebbene siano degli stati mentali fisiologici e adattativi (pensiamo, ad esempio, a quanto può essere adattattiva la paura che prova una gazzella alla vista di un leone, che la attiva e la fa scappare il più velocemente possibile, oppure la rabbia nel vedere il proprio bambino attaccato, che ci fa immediatamente reagire e andare in suo soccorso) e, di per sé, tutte utili, molti individui ne sono spaventati. Pensiamo ad esempio ad un forte attacco d’ansia che molte persone confondono con un infarto e con la sensazione di morire, accedendo di conseguenza ogni volta che si presenta, al pronto soccorso.
Altri, invece, sebbene sentano un’attivazione, non riescono a trovare le parole giuste per connotarla e riconoscerla. E’ il caso questo dei soggetti alessitimici (dal greco “a-” mancanza, “lexis” parola e “thymos” emozione: letteralmente «non avere le parole per le emozioni»), che manifestano grandi difficoltà a riconoscere sia le proprie che le altrui emozioni. Una risposta classica di un individuo alessitimico alla richiesta di dire cosa sta provando è semplicemente riferire “sto male”, senza riuscire a identificare se quello che prova sia rabbia, tristezza, paura, ansia, ecc.
Ci si sta ancora indagando sulle cause che provocano l’alessitimia. Per alcuni ricercatori, le cause sono prettamente neurologiche (secondo MacLean e Nemiah, il tutto sarebbe dovuto a un difetto neurofisiologico che influenza la modulazione da parte del corpo striato dell’input proveniente dal sistema limbico e diretto al neocortex),  altri, invece, ritengono che le cause siano puramente psicologiche (identificando il nucleo nel rapporto con la mamma oppure, in un periodo successivo all’infanzia, come conseguenza di un trauma subito).
Che fare, allora?
Con i soggetti alessitimici è molto difficile un percorso psicoterapico. Vista la loro incapacità di riflettere sui sentimenti o di provare empatia, non partecipano alla seduta “con la pancia” ma solo su un piano più razionale, non collaborano col terapeuta, sono ripetitivi nel riproporre sempre gli stessi argomenti e mostrano di annoiarsi durante gli incontri.
L’unica cura è una lenta alfabetizzazione e rieducazione emotiva, in modo da rendere la persona consapevole delle proprie reazioni emotive e della relazione esistente tra pensieri e stati d’animo.