Tell me, what else should I have done?
Doesn’t everything die at last, and too soon?
Tell me, what is it you plan to do
with your one wild and precious life?
Dimmi, che altro avrei dovuto fare?
Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?
Dimmi, che cosa pensi di fare
della tua unica vita, selvaggia e preziosa?
(Mary Oliver, The Summer Day)
Maya Vidal: 19 anni ed una battaglia interna fra la voglia di vivere ed il desiderio di autodistruggersi.
Un’adolescenza tormentata, provocatoria ed in contrasto con le norme famigliari, un lutto che la segna nel profondo e la mancanza di una figura di riferimento (di una base sicura) spingono Maya nel tunnel della droga e dell’alcool.
Entrando ed uscendo da cliniche di riabilitazione, vagabondando per le strade di Las Vegas, mettendosi in pericolo svariate volte ed approdando, infine, nella terra d’origine dei suoi nonni, il Cile, Maya imparerà a conoscere ed accettare sé stessa ed i suoi famigliari, ad apprezzare la semplicità e la quotidianità della vita e scoprirà le gioie ed i dolori dell’amore.
Con una prosa diretta e disincantata, Isabel Allende trasporta il lettore nella difficile storia di Maya, respirando insieme a lei l’aria del Cile, sopravvivendo negli stretti e bui vicoli di Las Vegas e tremando nell’inverno rigido del’Oregon.
Con la bravura che la contraddistingue, Isabel Allende compone un ottimo romanzo di formazione, portando il lettore a porsi degli interrogativi non solo sulla vita di Maya ma anche sulla propria, sui propri pregiudizi e sulla difficoltà di accettarsi in toto, con le nostre potenzialità ma anche i nostri limiti.
E’ inutile ricoprire di terra le ferite psicologiche,
bisogna farle respirare affinché possano cicatrizzare.
(Isabel Allende, Il quaderno di Maya)