“È l’odio che unisce gli esseri umani, mentre l’amore è sempre individuale.”
Gilbert Keith Chesterton
Il populismo è un atteggiamento culturale e politico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo, sulla base di principi e programmi generalmente ispirati al socialismo (fonte: Wikipedia).
Il termine trae le sue origini in Russia: tra fine Ottocento ed inizi Novecento il movimento populista cominciò ad appoggiare le classi contadine, promuovendo un miglioramento delle loro condizioni di vita.
Sempre a fine Ottocento, il Partito del Popolo statunitense aveva l’obiettivo di capire ed appoggiare i voleri delle classi contadine del Midwest.
Negli anni, l’onda del populismo è stata cavalcata da diversi personaggi, ma pare che in questo periodo storico in particolare sia diventato molto frequente fra i politici ed appoggiato sempre di più fra le persone: gli esempi vicini e lontani sono sotto gli occhi di tutti.
I movimenti e i leader populisti adottano due strategie mediatiche. Innanzitutto, tendono a promettere (e, tendenzialmente, a non mantenere) cose di cui il popolo sente la necessità, nell’intento di rassicurare i soggetti ed assicurar loro un futuro migliore.
Al contempo, i movimenti populisti mobilitano le persone contro i personaggi che rappresentano la “vecchia” politica e le élite economiche, che vengono tacciate come responsabili delle difficoltà economiche e lavorative e della marginalizzazione politica del popolo stesso. L’argomentazione utilizzata è semplice ed efficace, perché immediata e comprensibile da tutti: se le cose vanno male è perché i rappresentanti non fanno i tuoi interessi. Quanto ne risulta è una visione semplicistica e il rifiuto, quindi, di una visione complessa: se le cose vanno male è colpa di un nemico chiaro ed identificabile.
Tendenzialmente i toni utilizzati sono molto alti e provocatori.
Ma allora, come si spiega tanto successo?
In un’era storica come la nostra, nella quale l’incertezza (economica, lavorativa, sociale) la fa da padrona, la necessità è che i nostri bisogni vengano innanzitutto sentiti e poi soddisfatti. Anche se spesso i capi populisti si fermano al primo gradino, hanno il pregio di arrivare alla pancia delle persone, di sentirne il malcontento. E ci pare di venire, finalmente, ascoltate e comprese. Questo principio è alla base della teoria dell’attaccamento: se non sto bene e chiedo aiuto e qualcuno sembra offrirmelo, io coglierò al volo l’occasione e mi sentirò capito ed amato.
Non a caso, i periodi di maggior rigoglio dei populismi sono i periodi di crisi, durante i quali i vecchi paradigmi con cui si era soliti guardare il mondo e la società non risultano più funzionali e ancora non se ne sono trovati di nuovi ed alternativi. In questi periodi i populismi si insinuano bene nella politica perché portatori di una verità semplice ed alternativa.
Il tutto, però, non è purtroppo che un’illusione: viviamo in un mondo complesso, che genera società complesse e problemi complessi: la soluzione, quindi, deve essere complessa e a più livelli.
“La nostra classe politica, che in tempi lontani annoverava ottimi parlatori e oratori, tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso ponendosi a un livello meno elevato. È la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile.”
Cesare Segre