Orario: 8.00-20.00 Lunedì - Sabato
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Eccoci, noi umani: soggetti senzienti e pensanti, con un corpo che interagisce costantemente con l’ambiente circostante e che, nel vivere, esperire e ricordare si modifica. E non parlo soltanto della struttura cerebrale che, tramite il processo di memorizzazione, vede modificate le connessioni presenti nella sua rete neuronale. No, la modifica avviene ad un livello più macroscopico. “Il corpo accusa il colpo”, scriveva Bassel Van Der Kolk, medico psichiatra, riferendosi a come le memorie traumatiche nello specifico modificassero la postura di una persona, il suo sguardo, l’espressione del viso.

Ogni volta che ci muoviamo, quindi, noi portiamo a spasso la nostra memoria. Siamo memorie incarnate. Spesso, anche se non parliamo, il nostro corpo parla per noi. Ed ecco che, in una situazione che rievoca quella traumatica, il nostro respiro diventa affannoso, il cuore accelera, la nostra espressione ridiventa spaventata: in assenza di una minaccia reale esterna, il nostro corpo risponde come se ci fosse. Caratteristica peculiare dell’esperienza traumatica è quella di essere un’esperienza in cui il soggetto ha percepito un pericolo per la propria integrità fisica o ha assistito ad una situazione che poneva un pericolo per l’incolumità fisica altrui (traumi tipici sono la violenza sessuale, gli incidenti, la violenza domestica, atti di bullismo). L’individuo non riesce ad integrare tale tipo di esperienza, che rimane bloccata, non viene lasciata nel passato con la conseguenza di trovare sbocco in ruminazioni e riattivazioni corporee. La persona sembra essere così divisa in due parti, che rimangono scisse: quella che evita i ricordi traumatici e permette all’individuo di andare a lavorare, studiare, badare ai figli e quella che comprende tali memorie e mette in atto azioni difensive automatiche.

In psicoterapia capita quindi spesso di chiedere alla persona di far parlare una determinata sensazione corporea che viene esperita nello spazio della seduta o un fastidio avvertito in qualche sua parte: “Dove l’ha sentito per la prima volta?”; “Se potesse dare voce a questo fastidio, cosa le direbbe?”. Ed è sempre affascinante notare l’emergere di ricordi sepolti, parole mai dette, vissuti di vergogna, colpa, rabbia,…

Il corpo ricorda e ci ricorda cos’abbiamo vissuto. E’ solo dandogli il giusto spazio e la possibilità di parola che può avvenire un’integrazione completa fra azioni, pensieri, emozioni ed esperienze somatiche.