Orario: 8.00-20.00 Lunedì - Sabato
Appuntamenti 348 864 6506

“Laddove nasce la mia indifferenza, muore la tua presenza” (A. Davì)

“Stavo passeggiando per la strada quando uno sconosciuto mi ha brutalmente assalita, fatta cadere per terra e derubata. Le macchine continuavano a scorrere e, sul lato opposto della strada, alcuni pedoni mi hanno rivolto occhiate fugaci” (Effetto spettatore)

“Litigavo spesso con mio padre, quand’ero pre adolescente. Si arrivava quasi sempre alle botte e spesso dovevo cercare di coprire i lìvidi con il fondotinta. Mia mamma era lì, osservava. Ricordo lo sguardo vuoto, le parole che non uscivano: era lì ma era come se non fosse lì. E non mi difendeva”

Quante volte capita in terapia di ascoltare storie del genere. E quante volte siamo stati noi stessi gli indifferenti o vittime di indifferenza.

Spesso si sottovaluta il peso che tale azione ha, per concentrarsi sul trauma più d’impatto: le botte, l’abuso sessuale, una rapina. Spesso capita che la vittima si ricordi con uguale vividezza sia il fatto traumatico in sé che le reazioni dei partecipanti passivi. E, anzi, molto spesso tale indifferenza resta maggiormente impressa nei ricordi e reca più dolore nelle epoche future.

E un motivo c’è. Anzi, più di uno.

Prendiamo il secondo esempio che vi ho illustrato in apertura di articolo, perché più emblematico. Immaginatevi di essere una ragazzina di dodici anni e che i toni con vostro padre si accendano, per una sciocchezza. Vedete le sue manone avvicinarsi, colpirvi ripetutamente su volto, braccia, collo e, in un angolo, vostra madre che non interviene e fissa la scena con occhi vuoti. Penserete di non essere al sicuro nel luogo che dovrebbe essere, per eccellenza, IL posto al sicuro: la vostra casa, la vostra famiglia. Penserete di non valere niente, se nemmeno vostra madre vi difende. Vi sentirete come una gazzella nella gabbia del leone, con di fronte un apatico spettatore. Sentirete male a due riprese: subito, il dolore delle percosse avrà il sopravvento, con un violaceo ricordo a testimoniarlo sulla vostra pelle. Successivamente avvertirete il dolore di non essere stati protetti dall’altra figura genitoriale. Penserete sia colpa vostra: d’altronde, se nemmeno la mamma vi aiuta, avrete fatto qualcosa di inaccettabile, no?

Quante parole in psicoterapia si spendono proprio per andare ad indagare e a smussare gli angoli, i dubbi, gli strascichi lasciati nella psiche dall’indifferenza. Il lavoro sul senso di colpa, sul sentirsi deboli, senza protezione e senza sapersi difendere, il lavoro sulla stima personale e sul giudizio delle altre persone, il restituirsi il potere di decidere a chi dare il potere del nostro benessere.

Restituire il peso della colpa a chi indifferente è ed era.