Orario: 8.00-20.00 Lunedì - Sabato
Appuntamenti 348 864 6506

“Forse guarire non è cancellare la ferita, o addirittura causare la ferita. Guarire è amare la propria ferita.”

Edith ha solo 16 anni quando una notte del 1944 le SS entrarono nella sua casa di Kosice, oggi in Slovacchia, e condussero lei, sua sorella Magda e i suoi genitori ad Auschwitz. L’adolescenza di Edith si infrange così, alle porte del campo di sterminio, sotto l’imponente scritta “Arbeit macht frei”.

Il contenuto del libro è purtroppo tristemente noto: pagina dopo pagina l’inchiostro traccia giornate al freddo, la lotta per un tozzo di pane, le inevitabili selezioni, i forni crematori. Edith riesce a sopravvivere grazie alla vicinanza della sorella e al ricordo del suo primo amore, interrotto sul nascere dall’inferno delle persecuzioni razziali.

Grazie alla sua determinazione ed alla sua forza interiore, Edith non solo sopravvive ad Auschwitz e riesce a tornare a Kosice assieme alla sorella Magda ma, sposatasi, si impone sul marito per ottenere per sè e per la sua famiglia un futuro americano. Trasferitasi negli Stati Uniti, si rimbocca le maniche, lavora e riesce a laurearsi in Psicologia e a fare della sua ferita un punto di forza per il suo mestiere: aiutare i suoi pazienti ad avere speranza, ad avere fiducia nelle proprie capacità al fine di riuscire ad attuare un cambiamento nelle loro vite. Il loro processo di trasformazione va di pari passo con il suo. Ogni paziente aggiunge un pezzo al puzzle di Edith, un’emozione decifrata, una consapevolezza ritrovata.

Il libro non è infatti unicamente una testimonianza sull’olocausto. E’ una raccolta di riflessioni ed appunti che testimoniano il trionfo della vita sulla devastazione dei campi di sterminio, è un album di famiglia, è la narrazione di percorsi terapeutici reciproci tra Edith ed i suoi pazienti: lei li aiuterà e sosterrà nel processo di cambiamento e loro segneranno le tappe della sua trasformazione.

La scelta di Edith è una storia di resilienza. E’ una storia di libertà e guarigione. E’ il salvarsi da “il peggior campo di concentramento [che] è la propria mente”.

“Ma rimaniamo vittime fintantochè consideriamo un’altra persona responsabile del nostro benessere.”

Le frasi in corsivo sono tratte dal libro: “La scelta di Edith” di Edith Eva Eger, editore Corbaccio.